La gestione delle rotazioni influenza l'abbondanza e la diversità degli artropodi. Una strategia antica, valida anche nell'era contemporanea.
La salute dei terreni. La regolazione dello stato idrico e il mantenimento del ciclo dei nutrienti sono proprietà importantissime che appartengono ai terreni agricoli e per estensione all’intero paesaggio. La tutela della salute del suolo è infatti uno dei principi cardine per un’agricoltura sostenibile. Gli invertebrati del suolo come gli Oniscidea (crostacei isopodi) e i Diplopoda (miriapodi) scompongono il materiale vegetale depositato contribuendo alla fertilità del terreno. Le pratiche di gestione intensiva influenzano l’abbondanza e la diversità di questi invertebrati e, di conseguenza, hanno delle ripercussioni sullo stato di salute generale del suolo e della vegetazione. Fin dai tempi antichi gli agricoltori hanno infatti utilizzato le pratiche di rotazione colturale, o maggese, per migliorare la fertilità del terreno, basandosi in principio su intuizioni non supportate da una base scientifica. Le prime vere sperimentazioni rigorose riguardo questa strategia di conservazione risalgono infatti al 1700.
Coltivazione e rotazione. Fino al 2008 era obbligatorio per gli agricoltori mantenere a riposo i terreni in rotazione, fino a quando si è presentato un forte aumento di richieste per la produzione di cereali che ha di fatto interrotto l’applicazione della direttiva. Tuttavia, in Ungheria, il riposo dei seminativi rimane una pratica di gestione comune ed è un requisito fondamentale in determinati regimi agroambientali come le zone ad alto valore naturale (HNVA – High Nature Value Areas).
Una ricerca condotta a Heves, in Ungheria ha osservato l’abbondanza e la diversità di artropodi nei terreni a riposo, in campi coltivati e in zone seminaturali a pascolo in un’area HNVA.
L’area è stata classificata ad alto valore naturale per la protezione degli uccelli rari nelle zone agricole, in particolare per il mantenimento delle popolazioni di Otis tarda (uno dei simboli nazionali ungheresi), estinta in molte aree dell’Europa e considerata come specie vulnerabile. Questo volatile rientra nei programmi di protezione agroambientale dal 2009.
L’oggetto dell’indagine sono stati tre paia di campi coltivati convenzionalmente a Triticum aestivum situati accanto a campi che hanno beneficiato di periodi di riposo più o meno lunghi (uno, due e tre anni). Per controllo sono stati selezionate sei praterie seminaturali. Per ogni appezzamento sono state valutate la ricchezza di specie vegetali, il grado di copertura e la quantità di terreno nudo, oltre all’abbondanza e alla diversità di artropodi, vero target della ricerca. Per monitorare le popolazioni degli organismi terricoli sono state utilizzate delle apposite trappole.
La ricerca. La ricchezza e l’abbondanza degli isopodi è risultata essere significativamente più alta nei terreni a riposo rispetto ai campi coltivati, mentre nessun effetto rispetto a questi parametri è stato osservato per i miriapodi. Per i ricercatori questo risultato è stato determinato dalla diversa sensibilità di questi artropodi verso il tasso di umidità del terreno, è infatti noto che gli isopodi prediligono habitat con maggiore umidità a differenza dei miriapodi che tollerano molto meglio la siccità. Come è facile intuire anche la diversità vegetale è risultata maggiore negli appezzamenti a riposo.
Tuttavia, lo studio ha rilevato che i ritrovamenti di specie di artropodi sono concentrati in numero maggiore nei campi a riposo piuttosto che negli adiacenti campi di grano. Vi sono differenza sostanziali che riguardano anche il numero di anni per i quali il terreno non è stato utilizzato a scopi agricoli: le zone non coltivate per più di due anni mostrano una ricchezza maggiore rispetto a quelli che hanno riposato per meno tempo. Per i ricercatori è quindi necessario ridurre l’intensità di coltivazione e gli input in grado di disturbare il suolo per consentire agli habitat di sviluppare popolazioni efficienti di decompositori.
Il gruppo di ricerca dimostra l’importanza della pratica del maggese per la tutela degli invertebrati terricoli e afferma che l’utilizzo dei sistemi di rotazione nelle aree di interesse, come parte di una strategia integrata per la difesa del suolo, rappresenta un’azione particolarmente efficace per l’incremento della biodiversità.