Una panoramica sulle specificità di questi vegetali. Considerati esclusivamente come causa di danni, la loro presenza può invece dimostrarsi importante
Un’infestante è una pianta erbacea, arbustiva o arborea spontanea che cresce in un luogo indesiderato creando un danno alla produzione agraria e di conseguenza un danno economico.
Il concetto di infestante è relativo e non assoluto poiché la stessa specie può essere utile in alcune condizioni, in altre dannosa; questo concetto vale anche per le specie utilizzate dall’uomo per fini produttivi e non solo per quelle spontanee: la gramigna comune può essere usata con successo per il consolidamento delle scarpate, mentre rappresenta una pianta indesiderata quando compare in quadri di coltivazione a fini produttivi.
Le peculiarità delle infestanti. Qualunque sia l’origine delle malerbe possiamo tracciarne delle caratteristiche comuni:
- Buona competitività, data dalla forte variabilità genetica e dall’adattabilità all’ambiente circostante;
- Velocità di crescita elevata;
- Semi mediamenti longevi con elevata capacità di dispersione.
Secondo una suddivisione “classica” le infestanti causano danni diretti e danni indiretti.
La competizione diretta è quella che avviene tra le piante per il raggiungimento delle risorse: acqua, luce, elementi nutritivi, anidride carbonica, ossigeno e spazio. La competizione può essere intraspecifica e interspecifica ma non sempre è svantaggiosa: fenomeni come l’autopotatura e l’autodiradamento ne sono degli esempi. Questa diventa un problema quando la coltura ne risente crescendo in maniera ridotta e/o stentata, con conseguenze anche gravi sul livello qualitativo desiderato.
La secrezione di composti chimici tossici nell’ambiente circostante (allelopatia) comporta inibizione della germinazione, riduzione dello sviluppo delle plantule e dell’apparato radicale, minor assorbimento degli elementi nutritivi, rallentamento dell’attività enzimatica e fotosintetica, nonché fenomeni transitori di fitotossicità. In generale sono di difficile individuazione perché i loro effetti si sovrappongono a quelli dovuti alla competizione e possono interessare sia la flora spontanea sia le colture. Si distinguono fitoinibitine, sostanze inibenti rilasciate da alcune specie, e saproinibitine, derivate dalla degradazione della sostanza organica, tossiche nei confronti delle piante. Questi composti possono essere rilasciati nell’ambiente circostante da foglie o radici per volatilizzazione, essudazione radicale e percolazione sia durante la crescita sia nei processi di decomposizione dei residui vegetali.
Un tipo di allelopatia da tenere in considerazione è la cosiddetta “stanchezza del terreno” o “malattia del reimpianto”, soprattutto per specie sensibili come possono essere il pesco o il ciliegio. La stanchezza può essere anche associata a massicce infestazioni di nematodi che recano danno diretto alle radici e stimolano la secrezione delle fitotossine. Studi hanno dimostrato che gli agenti che causano la stanchezza restano strettamente legati al terreno: l’unico rimedio efficace rimane sempre la rotazione delle colture; nel caso di infestazioni di nematodi la fumigazione può aiutare ma da sola non elimina del tutto gli effetti.
Altra azione diretta e negativa delle infestanti è la parassitizzazione. Per parassita si intende una pianta eterotrofa che si nutre totalmente della linfa vitale (oloparassita) perché sprovvista di clorofilla, o parzialmente (emiparassita) con un’attività fotosintetica più o meno blanda, causando grave deperimento oltre a fenomeni da avvelenamento dovuti all’escrezione di sostanze tossiche nei vasi conduttori dell’ospite. Le piante parassite sono un gruppo eterogeneo, tuttavia è possibile riscontrare alcune peculiarità comuni: assenza di radici, scarso sviluppo dei tessuti xilematici, scarsità o assenza di pigmenti fotosintetici e la presenza di strutture (austori) utilizzati per l’assorbimento dalla pianta ospite. Tra le specie più diffuse ricordiamo Cuscuta, Orobanche e Viscum.
Le infestanti possono ostacolare le operazioni colturali e essere l’habitat per insetti e patogeni. Quest’ultimo aspetto è forse quello che richiede più attenzione poiché la flora infestante può ospitare e diffondere insetti dannosi, funghi, nematodi, batteri e virus: è stato studiato che solo tre malerbe (Stellaria media, Senecio vulgaris e Chenopodium album) sono in grado di ospitare ben 48 parassiti dannosi per oltre 30 specie coltivate (Thurston, 1970). Gli insetti e i microrganismi patogeni sfruttano spesso le piante infestanti come ospite secondario (ciclo eteroico), passando quasi inosservati: le malerbe possono essere poco considerate dal vivaista perché magari poste marginalmente nel vivaio oppure perché asintomatiche, come ad esempio nel caso della presenza di virus che possono essere rilevati solo mediante saggi diagnostici.
Tuttavia le infestanti possono ospitare anche organismi utili come uccelli, acari e insetti predatori, parassiti e parassitoidi di specie dannose.
Questo non è chiaramente un invito a tenere incolto il proprio terreno, ma serve bensì a spiegare che, come le specie dannose, anche le specie utili traggono beneficio dalla biodiversità data dalla presenza della flora spontanea. Nell’ottica di un profitto non è concepibile pensare di lasciare tutto il lavoro alla Natura: si deve cercare un equilibrio tra ambiente e attività dell’uomo.
Il caso del vivaismo. In un vivaio, in quanto attività lavorativa che deve generare reddito, possiamo prendere in considerazione anche altri due tipi di danno:
- danno economico che deriva da un maggior costo della manodopera e dei materiali per rimuovere le infestanti e un possibile deprezzamento dato dal ridotto sviluppo della coltura: in generale piante di dimensioni maggiori hanno un prezzo più elevato, anche se comunque il valore è influenzato dalla specie, dall’età e dalla qualità della pianta;
- danno estetico, che influenza negativamente l’aspetto del vivaio, particolarmente importante per quelle aziende dove il cliente va di persona a scegliere o ispezionare le piante che intende acquistare. Può sembrare di poco conto, ma è un fattore decisamente rilevante. Inoltre, una pianta, in zolla o in vaso, se si sviluppa in un ambiente con elevata presenza di infestanti avrà maggior probabilità di “trasportare” infestanti rispetto a una pianta cresciuta in un terreno pulito. Quindi oltre a una semplice questione estetica, un vivaio con poche infestanti dà una maggiore certezza al cliente di acquistare piante “senza sorprese”.
L’eliminazione completa delle malerbe dal vivaio è impossibile, data la natura dell’attività stessa che si svolge in campo aperto; riuscire a contenerle in maniera efficace rappresenta però il risultato sperato.
Riconoscere le infestanti nei primi stadi di sviluppo, e programmare una strategia di lotta mirata è utile per il loro contenimento: lo scopo di questa “lotta” non è l’eliminazione completa della pianta indesiderata ma bensì è l’unica strada per ricavare il massimo profitto con il minimo sforzo, contenendo entro limiti accettabili lo sviluppo delle malerbe da un punto di vista agronomico, economico ed ecologico.