L'imenottero è stato importata dalla Cina meridionale. Biologia, controllo e necessità di fondi europei
Come già accennato, l’importazione di esemplari giovani di castagno infettati da una vespa (che, in natura, si rinveniva solo nella Cina meridionale), ha creato un problema gravissimo di sopravvivenza di questa coltura nel nostro Paese, con la perdita del raccolto fino al 95% del totale.
In appena 12 anni l’insetto si è diffuso dalla Liguria (al confine con la Francia) fino alla Calabria compresa, e in varie regioni adriatiche; molti focolai d’infestazione si sono rinvenuti nell’Italia settentrionale, perfino in provincia di Bolzano.
La vespa cinese del castagno (Dryocosmus kurìphilus), un Imenottero Cinìpide, ha dimensioni minime (meno di un centimetro), un colore nerastro salvo le zampe, giallo-aranciate, e possibilità di spostamento modeste, pur agevolate dal vento; la diffusione su buona parte del territorio nazionale in poco più di un decennio va ascritta all’improvvido trasporto di esemplari giovani infetti di castagno, per la loro commercializzazione; è perciò di fondamentale importanza, al momento dell’acquisto, avere la certezza della provenienza da zone sicuramente indenni; il commercio di materiale infetto può contribuire a far compiere ai parassiti, in brevissimo tempo, spostamenti anche di decine o centinaia di chilometri, dilatando a dismisura l’infestazione.
Nella vespa cinese del castagno manca il sesso maschile: esistono solo femmine che si riproducono per partenogenesi. L’uniformità genetica dovuta al mancato incontro con il corredo cromosomico dei maschi è compensata dal vantaggio di avere una riproduzione e una generazione successiva comunque garantite.
Tra aprile e fine giugno, a seconda della quota, dell’esposizione, dell’andamento stagionale, le femmine adulte pungono con il loro ovopositore le gemme del castagno e vi iniettano fino a 100-150 uova (a volte addirittura 300). Le punture nelle gemme sono assai numerose, le galle pure e questi fatti compensano il numero ridotto di larve che si sviluppano nelle singole galle. Nel corso della brutta stagione le larve crescono con estrema lentezza. Il colore delle galle è dapprima verdastro, poi rosa carico o rosso; il loro asse maggiore misura da 1 a3 cm. Le larve si nutrono dei tessuti delle galle, trasformandosi poi in crisalidi; dalle crisalidi si ottengono le femmine adulte, che vivono pochi giorni, depongono le uova e muoiono. Vi è, quindi, una sola generazione annuale.
Nella pianta aggredita rametti, foglie e frutti restano di piccole dimensioni, le foglie si deformano, seccano precocemente e cadono. Anche le galle rinsecchiscono; il loro colore vira al marrone, più scuro di quello delle foglie.
I mezzi di lotta contro la vespa del castagno sono in pratica ridotti ad uno solo: la liberazione nei castagneti di un parassitoide specifico, un altro imenottero, Torymus sinensis, che in Cina mantiene limitate le popolazioni della vespa del castagno. Si ricorda che vengono definiti parassitoidi quegli animali i cui stadi larvali parassitano esemplari di altre specie animali, spesso vicine nella scala evolutiva e di simili dimensioni, provocandone la morte. Il Torymus, con il suo ovopositore, penetra nelle gemme che già ospitano le larve di vespa del castagno, vi inietta le sue uova (fino ad una settantina); da queste si sviluppano larve che si cibano del corpo delle larve della vespa: un mezzo di lotta del tutto indolore per la natura. I nuovi Torymus svernano nelle galle disseccate: per questo motivo è bene raccoglierne il più possibile per distribuirle poi in prossimità di castagni attaccati dalla vespa.
La regola è che un ecosistema evoluto, ricco nelle sue componenti animale e vegetale, sappia trovare col tempo al suo interno, autonomamente, meccanismi compensatori che arginino lo sviluppo di eventuali parassiti animali delle piante: il problema è che attendere è un lusso che non ci possiamo permettere; è vero che alcuni insetti della nostra fauna hanno occasionalmente aggredito la vespa ma non sono predatori specifici: l’unico è il Torymus. Una ricerca su Internet ha portato all’individuazione di una ditta italiana, la GreenWood Service s.r.l., che alleva e vende esemplari di Torymus sinensis (la consegna delle provette è gratuita nel caso di castagni monumentali).
Le femmine di Torymus possono procreare per partenogenesi; in questo caso, però, nasceranno solo maschi; per ottenere una popolazione ricca e durevole nel tempo è necessario che avvengano numerose fecondazioni; maschi e femmine di Torymus non vanno dispersi su un ampio territorio ma devono essere liberati dalle provette solo su 3 piante di castagno, contigue e piene di galle, per favorire gli incontri …. tra le anime gemelle; il lancio deve avvenire quando le nuove galle, già differenziate, risultano ancora tenere e facilmente perforabili dall’ovopositore delle femmine.
Il costo di un lancio di Torymus è sceso dagli iniziali 700 euro a poco più di 200; nei primi quattro-cinque anni gli effetti della diffusionesono limitati, in seguito le popolazioni diventano così ricche da ridimensionare nettamente quelle della vespa.
Non si può chiedere ai proprietari di castagneti di sopportare la massima parte del peso economico della lotta biologica alla vespa, una lotta da svolgersi capillarmente e su un territorio assai vasto; se i castagneti occupassero aree estese e omogenee, gli interventi sarebbero più agevoli; purtroppo le parcelle a castagno sono spesso frammentate, condividendo il territorio con altre colture e con lembi di vegetazione naturale. Tutti questi fattori negativi renderanno difficile il raggiungimento di risultati risolutivi se non si disporrà di fondi pubblici adeguati e non si opererà al più presto, senza attendere l’elaborazione e l’adozione di Piani regionali di sviluppo rurale.
A giudizio di chi scrive, considerato che la coltivazione del castagno è a rischio in tutta l’Europa meridionale (più a nord il castagno non arriva), deve essere la Comunità Europea a fornire mezzi finanziari sufficienti, integrata dal Ministero delle politiche agricole e forestali e dalle Amministrazioni regionali.
Con finanziamenti adeguati un risultato risolutivo potrebbe essere raggiunto nell’arco di una dozzina di anni. Con questo messaggio di speranza chiudiamo l’argomento: le competenze ci sono, i soldi ancora no, per lo meno non quanti ne servirebbero.