Un nuovo approccio allo studio del cinipide del castagno che coinvolge le foreste italiane ha rivelato esiti sperimentali molto incoraggianti
Le invasioni biologiche sono state responsabili di oltre il 74% delle estinzioni di specie conosciute, diventando una delle principali cause della perdita di biodiversità. Ad esempio, due specie di alberi della foresta temperata sono arrivate vicino all'estinzione nel 20° secolo a causa di agenti patogeni esotici: il castagno americano (Castanea dentata) a causa di un agente di cancro introdotto dall'Asia, e gli olmi europei in seguito all'introduzione di una malattia dal Nord America. Attualmente, Agrilus planipennis, che è stato introdotto dall'Asia, sta minacciando la sopravvivenza del genere Fraxinus negli Stati Uniti. Il paradosso è che la biodiversità è di per sé considerata il principale motore della resistenza all'invasione. È comunemente assunto che il potenziale invasivo dell'ecosistema, cioè la suscettibilità all'invasione di specie non residenti, diminuisce con l'aumentare della diversità delle specie. Tuttavia, la maggior parte degli studi su queste relazioni sono stati intrapresi nelle praterie e hanno trattato le invasioni di piante. Poco si sa sulle invasioni dei fitofagi, specialmente in ambiente forestale.
Alcune teorie. Un numero crescente di evidenze supporta l'ipotesi della "resistenza associativa", in cui si afferma che le associazioni vegetali sono meno soggette ai danni causati dagli insetti, anche nelle foreste.
Secondo un'altra teoria, ovvero l'ipotesi della "disponibilità di risorse", gli ecosistemi con una maggiore quantità di risorse sarebbero più soggetti all'invasione di nuove specie di consumatori. Allo stesso modo la densità delle piante ospiti (cioè il numero di individui) o la loro frequenza relativa tra le piante non-ospiti sono fattori determinanti nell'attacco fitofago, in particolare, da parte degli insetti specializzati. Per tali parassiti, l'ipotesi della"concentrazione della risorsa" presuppone che le comunità vegetali ricche di specie rendono le piante ospiti più difficili da individuare e da raggiungere. Poiché più alto è il numero di piante non ospiti rispetto a quelle ospiti, più scarsa è la risorsa, quindi la resistenza associativa dovrebbe aumentare con l'aumento della diversità vegetale.
Il secondo meccanismo che può essere responsabile del successo dell'invasione di piante esotiche è conosciuto col nome di “rilascio ecologico”. Una volta introdotte in una nuova area, le piante esotiche possono sfuggire al controllo dei loro nemici naturali specializzati. Nel quadro di una resistenza associativa, l'ipotesi del “nemico naturale”, prevede un maggiore controllo dei fitofagi in comunità vegetali ricche di specie da parte dei consumatori secondari. Questo fenomeno può contrastare gli effetti del rilascio di nemici, il che suggerisce che gli assemblaggi vegetali più ricchi offrono una maggiore varietà di cibo e di habitat, ovvero risorse complementari delle quali beneficiano predatori e parassitoidi. Poiché l'abbondanza e la ricchezza di specie di nemici naturali di solito aumentano con la diversità vegetale, le comunità vegetali più ricche potrebbero essere meno invase da insetti esotici a causa di un migliore controllo biologico.
Ci sono quindi motivi per ritenere che le comunità vegetali più ricche dovrebbero essere meno attaccate da piante esotiche o da insetti fitofagi, non solo a causa della riduzione di disponibilità di risorse, ma anche a causa del controllo più efficiente. Al contrario, la tesi "dell'eterogeneità ambientale" suggerisce che il potenziale invasivo di piante esotiche aumenta con la diversità degli ecosistemi a causa del maggiore habitat e della diversità di risorse, che consente una migliore convivenza tra le specie autoctone ed esotiche, se queste ultime sono in grado di sfruttare le risorse locali.
I meccanismi alla base della relazione tra diversità vegetale e resistenza ai fitofagi nativi possono poi conferire anche la resistenza ai fitofagi non nativi. Tuttavia, poiché le specie introdotte non si sono evolute in interazione con le piante ospiti locali e i nemici naturali, non possono rispondere allo stesso modo alle interazioni biotiche locali. Affrontare questa domanda è importante per predire il rischio della creazione e dello sviluppo di popolazioni di insetti alieni in relazione alla diversità vegetale nella zona invasa.
La ricerca. In un recente studio, gli autori hanno ricercato prove della resistenza associativa per il cinipide galligeno del castagno, Dryocosmus kuriphilus, monitorando il grado di danno causato da questo parassita invasivo per il castagno europeo in stand puri e misti. Dryocosmus kuriphilus è un fitofago monofago univoltino originario della Cina e si nutre di specie del genere Castanea. È stato introdotto in Giappone nel 1940, e successivamente in Corea del Sud e negli Stati Uniti nel 1970. La sua prima presenza documentata in Europa è stata nel 2002, nel nord ovest dell'Italia. Da allora si è diffuso ai paesi vicini (Francia, Croazia, Slovenia, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria e Paesi Bassi). Dopo lo sfarfallamento degli adulti all'inizio dell'estate, le femmine depongono le uova sulle gemme. Le larve svernano all'interno. La primavera successiva, quando i germogli iniziano a svilupparsi, la crescita delle larve induce la formazione di galle sui germogli e sulle foglie. Queste sono cause della riduzione della superficie fogliare, con un conseguente calo di capacità fotosintetica. Le infestazioni gravi possono quindi influenzare la crescita degli alberi e anche provocarne la morte. La resa può essere ridotta fino al 80%. È stato anche suggerito che gli attacchi di D. kuriphilus possono aumentare il deperimento causato dal mal dell'inchiostro (Phytophthora cinnamomi) o del cancro del castagno (Cryphonectria parasitica). Il controllo biologico classico delle popolazioni della vespa galligena del castagno con Torymus sinensis, una specie di insetti parassitoidi, è stato testato in Italia con non molto successo. Ma di recente, le osservazioni effettuate sia in Nord America che in Italia indicano che i parassitoidi autoctoni possono aggredire anche la specie invasiva.
Campionamento e risultati. Una nuova ricerca effettuata sulla recente espansione di D. kuriphilus nei boschi italiani, ha misurato l'infestazione dei castagni infestazione lungo un gradiente di diversità partendo da popolamenti puri di C. sativa fino ad arrivare a foreste naturali mature in mix, testando alcune affermazioni:
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il danno di D. kuriphilus diminuisce con l'aumentare della diversità delle specie arboree associate a C. sativa;
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il livello di danno è inferiore dove gli alberi di castagno sono più rari in standdi piante non conspecifiche (ipotesi della “concentrazione della risorsa”);
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l'infestazione diD. kuriphilus è ridotta in presenza di altre specie di ospiti, del cinipide e dei parassitoidi generalisti associati, della famiglia delle Fagaceae galle cynipid e parassitoidi generalisti associati (ipotesi del “nemico naturale"). Altre apparenze scientifiche hanno dimostrato che le piante più grandi vengono più facilmente individuate dai fitofagi, quindi gli autori hanno proposto una quarta ipotesi:
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la presenza di alberi alti vicini non conspecifici riduce la quantità di danni derivati dalla vespa sui castagni più piccoli.
È stata studiata la defogliazione su 70 alberi di castagno in 15 stand campionati nella stessa regione, lungo un gradiente di diversità. L'aggressione degli insetti è risultata significativamente più bassa in popolamenti con una maggiore diversità specifica. Il danno sui singoli castagni diminuisce con l'aumentare l'altezza dei vicini, non conspecifici. Questi risultati suggeriscono che il metodo della conservazione come controllo biologico che sfrutta la diversità di specie arboree potrebbe contribuire a ridurre l'impatto della vespa galligena del castagno.
Collegando la biodiversità al quadro dell'invasione biologica, è stato dimostrato che, a livello di supporto, la diversità può potenzialmente ridurre l'impatto dei parassiti forestali invasivi. L'aumento della ricchezza di specie, la composizione e le caratteristiche strutturali delle foreste miste sono fondamentali per la regolazione dei parassiti, anche di quelli alieni. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per districare i meccanismi alla base del rapporto ecologico tra diversità e potenziale invasivo, per completare la conoscenza dell'argomento.