I benefici delle risorse rinnovabili nell’UE sono probabilmente legati a impatti negativi nei territori tropicali. Nuovi studi sono necessari per conoscere il fenomeno
La localizzazione dell'impatto. Il settore agricolo è molto vasto e interessa una grande varietà di produzioni che possono essere distinte in due grandi raggruppamenti: food e non-food production.
La bioeconomia è un settore in espansione e le produzioni non a fini alimentari rivestono un ruolo di primo piano all’interno di esso. Queste produzioni riguardano principalmente la produzione e la conversione di risorse biologiche rinnovabili in prodotti ed energia. Conoscere l’impatto che queste attività hanno globalmente e localmente è molto importante proprio in un’ottica di probabili aumenti nei consumi di tali produzioni. L’Unione Europea è il maggior consumatore mondiale di tali tipologie di derivati agricoli nel periodo tra il 1995 e il 2010: i due terzi del suolo necessario a soddisfare tale bisogno sono situati in territori extra-UE (Cina, Stati Uniti, Indonesia). Questo dato pone il problema della distribuzione dell’impatto produttivo, ovvero quando il potenziale impatto negativo si localizza in ecosistemi geograficamente distanti da quelli che invece ne traggono beneficio. Studiare questa problematica è necessario per migliorare le decisioni politiche sulla materia delle non-food production.
Benefici e problematiche. La strategia dell'UE sulla bioeconomia promuove una transizione che mira a vincere le sfide socio-ambientali e a raggiungere gli obiettivi per il clima, spingendo per una crescita verde. Tuttavia le attuali tecniche di produzione e consumo presenti sul territorio comunitario possono generare impatti rilevanti, soprattutto sull’uso del suolo, in aree anche molto lontane. Si pone quindi il problema di verificare l’effettiva sostenibilità, a livello globale, del settore della bioeconomia. La sostenibilità del settore della bioeconomia dipende anche da come il settore stesso viene alimentato e costruito, di conseguenza è necessario conoscere nei dettagli l’impatto ambientale su una scala necessariamente più ampia di quella europea.
Gli studi di impatto sul suolo quantificano la quantità totale di terreno utilizzato per produrre un particolare prodotto o servizio su scala globale, comprendendo tutti gli impatti secondari: sono quindi lo strumento più utile per dare una valutazione di sostenibilità delle pratiche analizzate.
Mentre vari documenti politici dell'UE riconoscono esplicitamente che i modelli di produzione e consumo europei sono legati all’utilizzo del suolo di territori fuori dall’Unione, la Bioeconomy Strategy non affronta il tema del dislocamento delle risorse. I sistemi di indicatori che interessano il suolo come il Resource Efficiency Scoreboard, si rivelano utili solo a livello locale e non danno informazioni sulle connessioni che pure esistono tra aree geograficamente distinte. Il monitoraggio sulle variazioni di uso del suolo a livello globale e sulle motivazioni che guidano tali cambiamenti è quindi l’unico strumento che abbiamo per permettere un’analisi corretta sui reali impatti della bioeconomia europea.
Lo studio e i risultati. Per studiare l’argomento i ricercatori hanno utilizzato un nuovo modello di contabilità dei flussi, che segue il percorso delle biomasse non alimentari fino ai terreni utilizzati per la produzione, su un periodo che va dal 1995 al 2010. Questo ha permesso di quantificare l’impronta che la bioeconomia ha sui terreni agricoli utilizzati a fini non food, lungo tutta la catena di approvvigionamento.
I risultati evidenziano come quasi il 70% dei terreni necessari alla domanda UE si situano fuori dall’Unione, con le relative problematiche di impatto, sociali ed ecologiche.
I semi oleosi (per la produzione di biocarburanti, detergenti e polimeri) rappresentano la quota più alta della domanda di colture non alimentari dell'UE (39% nel 2010); le colture di fibre per tessuti e pelle di animali coprono invece circa il 22% della domanda.
Ciò evidenzia l’importanza dei prodotti agricoli non alimentari, che sono il settore agricolo con la crescita più veloce di domanda diretta e indiretta di terreni sia nell’UE che nel mondo.
I dati rivelano inoltre che l'UE è il maggiore consumatore e importatore netto di prodotti non alimentari a livello globale. L'UE si rifornisce sempre più di materie prime quali la biomassa non alimentare dalle regioni tropicali, notoriamente interessate dal fenomeno della deforestazione e della perdita di biodiversità. Questo obbliga gli studiosi e i decisori politici a riflettere sulle ricadute dell’economia europea nelle aree vulnerabili del pianeta, definendo gli strumenti più adatti per consentire il monitoraggio degli impatti. Le politiche che riguardano il settore della bioeconomia non possono più prescindere da tali valutazioni, che risulteranno strategiche per garantirne la sostenibilità globale sul lungo termine.