L'arrivo di questa pianta sul Vesuvio ha portato modifiche sulla qualità dei suoli, sulle proprietà idrologiche del substrato vulcanico e sul microclima generato dalla sua chioma
Il Vesuvio rappresenta uno dei pochi vulcani attivi dell’Europa continentale. In questo sito le eruzioni verificatesi nelle diverse epoche, intervallate da fasi più o meno lunghe di riposo, hanno permesso l’instaurarsi di successioni vegetali primarie e secondarie con la colonizzazione di un certo numero di entità vascolari e non. Negli ultimi decenni, tuttavia, negli ecosistemi vesuviani di maggior interesse naturalistico si è assistito ad una rapida espansione di una specie legnosa azotofissatrice, Genista aetnensis (Biv.) DC., con evidente alterazione del naturale dinamismo della vegetazione e compromissione del paesaggio.
Questa pianta, endemica dell’Etna e della Sardegna orientale, fu importata dalla Sicilia sul Vesuvio dopo il 1906 per imboschimenti e, pertanto, in Campania è da considerare aliena. Obbiettivo di questa ricerca è stato valutare l’impatto sul Vesuvio dell’invasione di G. aetnensis (Biv.) DC.. In particolare la ricerca è stata finalizzata all’analisi delle conseguenze dovute alla diffusione di questa specie sulla qualità dei suoli, sulle proprietà idrologiche del substrato vulcanico e sul microclima generato dalla chioma, oltre che sulla distribuzione delle specie coesistenti. Per valutare l’eventuale effetto di G. aetnensis (Biv.) DC. durante il suo sviluppo ontogenetico sulla qualità del suolo, il disegno sperimentale ha previsto l’individuazione di 4 differenti stadi: Giovane 1 (altezza inferiore a 50 cm ed età di 3,8 ± 0,8 anni); Giovane 2 (altezza 50-200 cm ed età di 8,6 ± 1,5 anni); Adulto (altezza maggiore di 200 cm ed età di 38,4 ± 2,9 anni); Morto in piedi (altezza maggiore di 200 cm ed età di 37,0 ± 1,6 anni). Per ciascuno di questi stadi è stata quindi individuata una zona di influenza (definita IN) ed una di non influenza (definita OUT) della chioma e delle radici in corrispondenza delle quali sono stati effettuati i campionamenti e le relative analisi.
I dati rilevati hanno dimostrato che in poco meno di 40 anni questa specie aliena è in grado di modificare profondamente la qualità dei suoli vesuviani interferendo sui processi pedogenetici. Il tempo impiegato da questa specie per mutare le caratteristiche del substrato è di gran lunga inferiore dei 150 anni riportati da analoghe indagini condotte in Australia su Acacia papyrocarpa Benth. Il rapido accumulo di C organico e N totale sotto la sua chioma è da mettere in relazione con l’abbondante produzione di lettiera e alla relativa lenta degradazione della stessa. Al contempo è stata riscontrata un’elevata idrofobicità nei suoli sotto chioma che ha ripercussioni sull’idrologia del substrato.
Per quanto riguarda gli effetti di G. aetnensis (Biv.) DC. sulle altre specie è possibile affermare che tale aliena ha un impatto rilevante sulla struttura e sulla biodiversità dell’ecosistema vesuviano. L’intensità delle alterazioni indotte da questa pianta è però diversa a seconda dello stadio ontogenetico considerato. Gli stadi giovanili, infatti, non hanno nessuna influenza significativa, mentre si apprezzano forti interazioni facilitative negli stadi Adulto e Morto in quanto incidono positivamente sul microclima e, nel complesso, facilitano la colonizzazione di altre entità. Allo stadio Adulto può essere dunque attribuita la costituzione dell’isola di fertilità.
In merito alla produzione e dispersione dei semi, malgrado sia stata rilevata una nettissima differenza del loro numero tra la zona OUT (12 semi m-2 anno-1) e la zona INA (513 semi m-2 anno-1), le plantule di G. aetnensis (Biv.) DC. si ritrovano esclusivamente nelle aree non ancora colonizzate da questa aliena. La rinnovazione di tale pianta si osserva, in particolare, lungo i margini dei popolamenti in corrispondenza della vetta del Gran Cono Vesuviano nei popolamenti pionieri a prevalenza di Rumex scutatus L. subsp. scutatus e Centranthus ruber (L.) DC. subsp. ruber. Questo aspetto da un lato indica chiaramente l’espansione dell’areale di questa specie verso la vetta del vulcano, dall’altro suggerisce una inibizione alla germinazione dei semi a causa dell’instaurarsi di condizioni di negative feedback nel suolo. Quest’ultima ipotesi è supportata dai risultati del test biologico i quali hanno mostrato per G. aetnensis (Biv.) DC. valori di biomassa poco diversi tra i suoli prelevati sotto e fuori chioma. Questo è sorprendente in considerazione della maggiore disponibilità di nutrienti del suolo localizzato sotto la chioma della specie studiata. È possibile dunque affermare che nelle aree già invase, a causa dell’assenza di rinnovazione, G. aetnensis (Biv.) DC. sarà progressivamente sostituita da altre specie. Genera preoccupazioni tuttavia la colonizzazione, tutt’ora in atto, dei versanti sommitali del Vesuvio il quale, in assenza di azioni di contenimento sarà destinato a mutare drammaticamente il suo aspetto paesaggistico con danni, non solo ecologici, difficilmente prevedibili e quantificabili.
Adriano Stinca, Giovanni Battista Chirico, Guido Incerti, Giuliano Bonanomi
Herbarium Porticense (PORUN)
Laboratorio di Ecologia Applicata e Sistemi Dinamici
Dipartimento di Agraria
Università degli Studi di Napoli Federico II
Foto Di Velela - Opera propria, CC BY-SA 3.0