Tra decreti e restrizioni, il settore florovivaistico sta subendo perdite con conseguenze ancora difficilmente stimabili
La diffusione dell’ormai noto Covid-19 (o Coronavirus) ha costretto i Governi di tutto il mondo ad applicare numerose misure restrittive che hanno interessato tutte le attività produttive. Tra queste uno sguardo attento deve essere rivolto al settore agricolo, in particolare a quello florovivaistico che sta affrontando l’ennesima crisi di questi ultimi anni. La possibilità di proseguire il lavoro in campo, pur con qualche difficoltà legata al mancato inserimento di alcuni codici Ateco, è contemplata dai Decreti della Presidenza del Consiglio. Questo ha fortunatamente permesso di non abbandonare la produzione, limitando quindi le ipotetiche perdite da mancate lavorazioni ma il punto sul quale è necessario focalizzare l’attenzione è quello delle spedizioni.
Il mercato delle piante ornamentali vede storicamente il proprio picco annuale nei mesi primaverili, da marzo a maggio, e di conseguenza la larga parte delle spedizioni si concentra in un lasso di tempo relativamente breve. Si può affermare che il 50-60% del fatturato deriva dalle vendite primaverili ed è facile prevedere che una mancata vendita in questo periodo difficilmente potrà essere recuperata in seguito.
Le chiusure dei garden e dei rivenditori, in Italia e all’estero, sono solamente uno dei fattori che ha portato a uno stallo nel mercato. Alcuni esempi di elementi concorrenti sono lo stop ai cantieri, il fermo alle attività di impianto e manutenzione delle aree verdi (riprese in realtà dal 14 aprile), e il rallentamento dei trasporti verso il nord Europa con code al Brennero che hanno toccato anche gli 80 km.
Le chiusure differite delle attività attraverso i paesi europei faranno si che questa situazione rischi di protrarre i suoi effetti per diversi mesi. Infatti sembra chiaro che, quando in Italia le aziende potranno riaprire, all’estero probabilmente saranno ancora chiuse, andando a limitare di fatto le esportazioni, delle quali il vivaismo non può fare a meno.
È inoltre doveroso precisare che il vivaismo è composto da tante attività, anche molto diverse fra loro, che subiranno conseguenze differenti. Il settore ornamentale di Pistoia, ad esempio, produce in larga parte specie legnose che sono al momento invendute, ma, con qualche lavorazione in più sarà possibile proporre sul mercato anche ad emergenza conclusa. I produttori di specie floricole in vaso o di fiori recisi, invece, oltre alle mancate vendite, si troveranno di fronte anche a una consistente perdita di produzione che non potrà essere recuperata in alcun modo e dovrà essere smaltita.
La crisi del settore florovivaistico è profonda e coinvolge nella sola Toscana circa 3600 aziende che si situano su più di 7000 ettari. Queste attività garantiscono l’occupazione di migliaia di imprenditori, lavoratori e contoterzisti, senza considerare i numeri del ricco indotto che il vivaismo produce. Il fatturato nell’area del pistoiese si stima essere attorno ai 900 milioni di euro annui e una perdita, anche solo del 50%, può portare a
conseguenze disastrose per tutto il territorio.
In tale situazione è decisiva l’azione delle associazioni di settore come ANVE – Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori che, grazie a un costante dialogo che mette in comunicazione il mondo del lavoro e quello dell’amministrazione pubblica, possono aiutare le aziende ad affrontare questo delicato momento.