La ricerca scientifica e la necessità di progetti a livello di multi-scala e multidisciplinari
È indubbio che i pianificatori urbani del XXI secolo debbano affrontare sfide importanti che coinvolgono e coinvolgeranno progetti a livello di multi-scala e multidisciplinari. Entrambi gli aspetti implicano un aumento della complessità della pianificazione e, di conseguenza, la natura del lavoro del pianificatore delle nuove aree urbane dovrebbe più che mai essere tenuta presente per evitare che venga “stemperata” nel nuovo contesto socio-economico.
L'urbanista è soprattutto un "generatore di visione" e un "integratore" e dovrebbe essere in grado di sviluppare una visione spaziale multiscala, dalla quale deriveranno diversi livelli di priorità per affrontare le numerose discipline che si dovrebbero con lui integrare. La crescente disponibilità di informazioni e documentazione che possono essere recuperate, sistematicamente elaborate, condivise e migliorate, attraverso applicazioni mobili, piattaforme online, tablet, GPS, droni, ecc. rappresentano strumenti a disposizione che possono aiutare ma, talvolta, anche sminuire la figura e l’importanza dell’urbanista.
La tentazione è quindi quella di superare la marea dei dati con la sovra-specializzazione: concentrare gli sforzi nell'identificazione delle lacune di dati e mirare a riempirli con ciò che produce la ricerca scientifica e la sperimentazione empirica. Sembra che nella nostra società efficiente e talvolta troppo specializzata, manchi però la generazione di visioni creative, intuitive e integrative necessarie.
I pianificatori urbani dispongono di una vasta conoscenza accurata di elementi specifici (calcoli del trasporto pubblico, traffico pedonale nelle strade commerciali per le analisi commerciali, elementi architettonici specifici, ecc.), ma spesso mancano di analisi di sostenibilità urbana a lungo termine o di una visione urbana e regionale che coordini la totalità delle azioni urbane. Nella nostra società specializzata, i pianificatori urbani devono svolgere un ruolo integrativo, pur mantenendo la parte dei generatori di visione.
Il rapporto tra città e regioni orientate al mondo è, infatti, cambiato radicalmente. I modelli di produzione e consumo, la tendenza alla crescita della popolazione e le dinamiche di urbanizzazione sono semplicemente insostenibili. I pianificatori urbani, in quanto progettisti dell'ambiente costruito, devono potere e saper gestire il cambiamento. La pianificazione urbana non deve più limitarsi a pianificare la città, ma dovrebbe iniziare a gestire anche il non-urbano. La tradizionale contrapposizione rurale-urbano non è più applicabile nel XXI secolo. Uno non esiste senza l'altro. Le aree urbane dovrebbero sempre più incorporare il verde, e le zone rurali dovrebbero iniziare a strutturarsi e organizzarsi in funzione del fatto che permettono un'ampia varietà di usi: agricolo, paesaggistico, ricreativo e infrastrutturale, che sono tutti collegati alle aree urbane, non necessariamente situate in vicinanza.
Le recenti tecnologie hanno permesso un'analisi più approfondita e sistematica di una vasta gamma di parametri: flussi d'acqua, frammentazione delle foreste, flussi di energia e umidità, emissioni di calore antropogeniche, impermeabilizzazione, consumo di rifiuti, tassi di criminalità, sorveglianza, traffico, traffico dei telefoni cellulari, ecc.
Uno dei nuovi set di parametri da considerare è quello relativo all'isola di calore urbano (UHI) che, come ogni estate, si ripropone sempre più forte alla nostra attenzione (si pensi non solo ai picchi di temperatura raggiunti dalle nostre città, ma anche i 43 gradi di Parigi della scorsa settimana).
L'UHI è sicuramente uno dei principali fenomeni climatologici che interessano le città al giorno d'oggi. Nonostante abbia generato oltre 30.000 morti in eccesso in tutta Europa nel 2003 e oltre 55.000 in Russia solo nel 2010, non è ancora considerato una massima priorità da parte de pianificatori urbani. Per essere in grado di svolgere un ruolo di "integratori", essi dovrebbero invece trovare il modo di consolidare vaste e varie quantità di dati nei loro nuovi piani, perché è proprio all'interno delle città che esiste una grande opportunità per combattere il cambiamento climatico e la necessità, quindi, di un’azione di integrazione che solo il pianificatore “open-minded” può fare.
L'effetto della mitigazione dell'UHI attraverso la piantagione di alberi non è, infatti, solo intorno all’albero o all’interno di un’area verde, ma anche a un livello urbano più elevato e ciò contribuisce alla riduzione del consumo di energia degli edifici nelle aree centrali della città.
Francesco Ferrini
Professore di Arboricoltura e Presidente della Scuola di Agraria dell’Università di Firenze