Le cronache recenti ci raccontano di alberi caduti in diverse città, in particolare a Firenze e Roma. L’attenzione sproporzionata dei media, specialmente dopo le tempeste con conseguente caduta di alberi, crea, tuttavia, un’errata concezione del pericolo a essi legato. Gli alberi raramente uccidono o feriscono seriamente le persone e, quando lo fanno, è notizia da prima pagina. Il numero di persone uccise dalle automobili, pur essendo 500 volte più grande, non ottiene la stessa attenzione giornalistica.
Prendendo l’esempio del tiglio che ha colpito lo scorso lunedì 21 maggio il pullman di turisti coreani a Firenze causando 14 feriti (per fortuna tutti in modo non grave) ha avuto un’eco mediatica notevole e tutti i quotidiani l’hanno subito messa in homepage, occupando, poi, almeno due pagine di cronaca locale. Il giorno prima un pullman di una nota compagnia di viaggi low cost è uscito di strada con 26 feriti, di cui uno molto grave, ma la notizia è passata in sordina perché…sono cose che capitano.
I due casi, seppur diversi, sono accomunati da un’errata percezione che si ha del pericolo e del rischio, due termini che facciamo quasi sempre corrispondere nel linguaggio parlato, ma che hanno significato ben diverso. Il pericolo è, infatti, una proprietà intrinseca (della situazione, oggetto, sostanza, ecc.) non legata a fattori esterni; è una situazione, oggetto, sostanza, ecc. che per le sue proprietà o caratteristiche ha la capacità di causare un danno alle persone. Il rischio è, invece, un concetto probabilistico, è la probabilità che accada un certo evento capace di causare un danno alle persone. La nozione di rischio implica l’esistenza di una sorgente di pericolo e delle possibilità che essa si trasformi in un danno. Per essere chiari, un’auto è un potenziale pericolo per la salute. Guidare l’auto è un rischio. Tanto più alta è la velocità, tanto più rischioso è guidare. Una strada è pericolosa di per sé. Il rischio subentra quando la percorro, magari guidando velocemente, e prestando poca attenzione ai segnali. Un albero può essere dunque classificato come pericoloso per le sue condizioni di salute e di stabilità strutturale perché, presenta difetti strutturali a livello delle radici, del fusto, delle branche che potrebbero causare la caduta dell’albero o di parti di esso. Il rischio subentra quando la caduta di un albero può colpire un bersaglio materiale o umano con un grado di rischio che sale di grado in funzione del target.
Il problema che si pone con gli alberi urbani e al quale il cittadino chiede alla pubblica Amministrazione delle risposte è se possiamo avere delle analisi dettagliate che ci diano, non dico certezze, ma un’elevata probabilità predittiva sulla sicurezza di un albero. La saggezza del presente ci dice che tutti gli alberi pongono il problema di pericolo di caduta (e conseguente rischio di colpire un target) ed è bene sottolineare che tutti i giudizi sono fatti con conoscenza imperfetta e, di conseguenza, nessuna stima (valutazione) è completamente accurata o perfettamente predittiva, anche se, rispetto a qualche anno fa, si sono fatti notevoli passi avanti grazie all’ausilio di strumentazioni in grado di fornirci delle indicazioni sulle condizioni interne del legno.
A mio parere quello che è proponibile è quantificare il rischio di danni significativi potenzialmente determinati dal cedimento di un albero o di parti di esso in modo da permettere ai gestori di bilanciare la sicurezza con il valore degli alberi e operare, così, ai limiti predeterminati di rischio tollerabile o accettabile.
Altra cosa da dire è che la valutazione del rischio legato alla presenza degli alberi e la sua mitigazione sono processi fortemente influenzati dall’esperienza professionale, dalla percezione del rischio stesso e dalla sua gestione. Mentre i professionisti documentano tutti i fattori di rischio che vedono nel tentativo di fornire ai propri clienti una valutazione completa di un albero e del suo contorno, il proprietario del bene o il gestore chiedono che vengano adottate misure di mitigazione del rischio stesso.
Il problema è quindi complesso e va gestito non solo a livello tecnico, ma anche a livello socio-psicologico. I social network possono avere un ruolo fondamentale in un senso o nell’altro. Come delle piazze virtuali essi espandono la nostra possibilità di comunicare, anche in ambito politico e sociale, trasformandoci in agenti attivi di campagne a favore di quello in cui crediamo. Allo stesso tempo essi possono essere utilizzati per manipolare e distorcere i messaggi a beneficio dei propri interessi/teorie.
Sta a noi fare comunicazione in modo corretto. La carenza di un’efficace comunicazione è una delle cause di contrapposizioni che si verificano quando si parla di alberi. Importante è colmare la lontananza tra chi fa ricerca e l'opinione pubblica. Citando Toschi “La buona comunicazione genera risorse illimitate; la cattiva comunicazione consuma senza limiti le risorse, a cominciare da quelle umane” (Toschi, 2011. La comunicazione generativa-Maggioli Editore).
Quali sono gli obiettivi nella valutazione del rischio?
- Aumentare la sicurezza
- Aumentare la longevità del’albero
- Massimizzare i benefici ambientali ed economici
- Utilizzare saggiamente le risorse
- Soddisfare le nostre necessità (come cittadini)
- Soddisfare i requisiti di qualità del settore della gestione del verde
Questo richiede degli investimenti in termini sia di risorse umane sia economiche. Ho scelto la parola investimento non a caso. È ora di smetterla di parlare, nelle Amministrazioni Pubbliche di “costi di gestione del verde”. I servizi ecosistemici essenziali per la società forniti dal verde urbano, e dagli alberi in particolare, credo che non solo giustifichino, ma rendano decisamente più appropriato parlare di investimento e non di costo. Il costo, infatti, definisce in sé una spesa in uscita per l’acquisto di un bene, un servizio o una risorsa senza avere necessariamente un beneficio economico. L’investimento è invece una spesa ragionata per acquistare un bene, un servizio o una risorsa dal quale ci si aspetta a lungo o breve termine un ritorno economico o immateriale positivo.
Occorre perciò investire nel verde delle nostre città per garantire che i contributi diretti e indiretti degli alberi al benessere umano che sostengono direttamente o indirettamente la nostra stessa sopravvivenza e la qualità della vita non solo vengano mantenuti invariati ma, anzi, ne risultino aumentati. Questa è la vera sostenibilità.
Francesco Ferrini
Professore di Arboricoltura e Presidente della Scuola di Agraria dell’Università di Firenze