I cambiamenti nel mercato del verde e il loro rapporto con la produzione pistoiese
Forse la crisi è passata, il problema del PIL basso si sta risolvendo e c’è ottimismo nei mercati internazionali con le esportazioni che crescono. Allora perché preoccuparsi? Semplicemente perché il vivaismo non è industria. Non è possibile “avviare i motori” e avere piante pronte da sfornare come panettoni o automobili prodotte in poche ore da una catena di montaggio. A Pistoia si producono piante a ciclo breve, medio e lungo, per esempio arbusti e cespugli, alcuni rampicanti, piccole conifere ecc. che necessitano fino a tre anni per completare il ciclo produttivo. Piante per siepi, conifere ornamentali e arte topiaria possono richiedere anche cinque sei anni di coltivazione. Alberature sempreverdi e spoglianti, conifere, arte topiaria di grandi dimensioni possono superare i sei/sette anni di coltivazione arrivando addirittura a piante “Esemplari” come Magnolie, Pini e Lecci che possono ricevere cure colturali per decenni.
La contrazione nelle vendite conseguente alla profonda crisi che ha interessato quasi tutti i mercati globalizzati ha portato a una sensibile riduzione delle produzioni vivaistiche, soprattutto quelle che richiedono oltre i tre anni di coltivazione. Parallelamente sappiamo che il verde pubblico in Italia ha urgente necessità di essere riqualificato e prima o poi questo problema dovrà essere affrontato dalla politica, specialmente alla luce delle segnalazioni giunte da Bruxelles, sulla scarsa qualità dell’aria nelle aree urbane dovuta anche a una insufficiente presenza di piante in grado di apportare benefici ambientali. Se a questo aggiungiamo che soffriamo anche una certa lontananza dagli standard europei per quanto concerne il verde scolastico e ospedaliero, nonché del verde con funzione puramente ornamentale, che ha un aspetto di accoglienza turistica non trascurabile, diventa facile immaginare (sperare?) che nei prossimi anni possa aumentare la richiesta di alberature e piante per opere a verde in ambito urbano.
Da parte del Pubblico occorre una seria pianificazione di questi interventi, un piano di rinnovamento non solo fisico ma anche concettuale. Molte delle alberature usate in passato si sono rivelate scomode mentre in questo ampio lasso temporale sono nate nuove cultivar e sono state selezionate specie e varietà più indicate per l’uso urbano. Alberi di seconda o terza grandezza anziché di prima, chiome assurgenti o comunque a crescita contenuta, mancanza di frutti, elevate capacità nell’incamerare CO2 e filtrare l’aria da polveri sottili. Alberi che, se correttamente piantati e accuditi nei primi due anni di vita, apporteranno maggiori benefici rispetto al passato: nessuna esigenza di potature di ritorno, maggiore pulizia dell’aria e produzione di ossigeno senza perdere di vista gli aspetti ornamentali. A mio personale avviso, ci sono molti casi dove non occorre investire denaro pubblico in valutazioni di stabilità a carico di piante palesemente compromesse e senescenti se non di particolare valore storico e paesaggistico; occorre altresì pianificare un turnover delle alberature provvedendo a una corretta preparazione del nuovo sito d’impianto, mentre da parte del settore vivaistico produttivo occorre iniziare a prendere in seria considerazione una produzione dedicata. Diventa difficile immaginare i vivai con grandi coltivazioni vendere le piante per la trasformazione in cippato per bioenergie o riscaldamento. Se pensiamo a quanto valore di soprassuolo è contenuto in un vivaio e quanto tempo occorre perché questo venga convertito in fatturato è facile immaginare che sarebbe materiale per bio energie un po’ troppo costoso.
Quali scenari rischiosi ci aspettano?
Il più semplice è questo: ripartono i lavori pubblici e vengono richieste piante di medie dimensioni che non vengono prodotte in quantità simili al passato. La mancanza di produzione sposterà gli acquisti verso piante provenienti dai mercati internazionali anziché italiani.
Come superare questo problema?
Per poter avere piante di buona qualità occorre iniziare a pensare ai contratti di produzione, uno strumento già utilizzato in Europa per avere la certezza del risultato guardando anche all’economia dell’intervento.
Fra l’approvazione di un progetto d’interesse pubblico e la conclusione dei lavori possono passare anni, un tempo prezioso che può essere destinato alla coltivazione di piante selezionate appositamente per il tipo d’intervento.
Quali sono i benefici di questa scelta?
Sono molteplici, partendo dalla qualità del materiale vegetale, che potrà essere scelto relativamente giovane e impostato in vivaio in maniera conforme al suo utilizzo. Per esempio, se destinato a viali alberati in centri urbani potrebbe subire una spalcatura della chioma superiore a quella standard (circa 2 m), essere predisposto per una struttura a pergola o a palmetta, come si vede in alcuni giardini francesi. Un secondo punto d’interesse è la possibilità di monitorare l’accrescimento e la coltivazione del materiale vegetale che potrà essere coltivato non solo in terra ma anche con tecniche di coltivazione in contenitore in grado di accelerare la crescita e di potenziare l’apparato radicale. Sulla base di quanto abbiamo visto possiamo facilmente immaginare la differenza di rischio per l’azienda produttrice che si vedrà ordinare un numero di piante sicuramente vendute e quindi potrà proporre un prezzo dedicato. Oggi purtroppo questo non è possibile, infatti le leggi sulle gare d’appalto non lo permettono.
Le leggi europee che stiamo applicando da anni in Italia non funzionano come dovrebbero, almeno a giudicare da ciò che ci circonda: un verde pubblico che sta arrivando alla fine del suo ciclo quasi contemporaneamente in moltissime città italiane. Per anni la politica ha visto i parchi e le alberature come componente marginale riducendo le attenzioni e le risorse messe a disposizione. Adesso ci sta arrivando il conto e probabilmente dovremo presto correre ai ripari attraverso una seria pianificazione per la riqualificazione del nostro patrimonio vegetale (non solo viali e giardini ma anche verde ospedaliero, scolastico, nelle periferie ecc.) con nuove regole che permettano di ottenere i risultati attesi con spese calcolate, cosa che oggi avviene assai raramente.
Il mondo è cambiato: dobbiamo governare correttamente i cambiamenti avvenuti sia a livello produttivo che nella gestione degli appalti nella pubblica amministrazione.
Francesco Mati - Presidente del Distretto Rurale Vivaistico-Ornamentale della Provincia di Pistoia