La villa "I Tatti", posta sulle colline tra Firenze e Fiesole, è oggi un importante sede di studi e ricerche internazionali, il Centro di Storia del Rinascimento Italiano della Harvard University (la più antica università americana), ma è anche un meraviglioso giardino “all’italiana”. Villa e giardino furono lasciati in eredità alla università americana da Bernard Berenson, celebre critico d’arte considerato come il più grande conoscitore d' arte italiana, che vi aveva abitato fino alla sua morte nel 1959.
Giardino inglese, stile toscano. L’antico edificio (testimoniato da documenti fin dal 1500) fu acquistato dal Berenson nel 1906 e trasformato da Cecil Pinsent e Geoffrey Scott, da poco arrivati a Firenze, e in questo progetto continuamente sollecitati dal Berenson e dalla moglie Mary, che indirizzarono diverse scelte e sistemazioni paesaggistiche. Per esempio, la loro aspirazione di avere prati “all’inglese” fu resa possibile da una grande cisterna d’acqua posta in cima al giardino, e i camminamenti e le scalinate che raccordano i vari piani furono pavimentati con mosaici di acciottolato. Pinsent e Scott conformarono il pendio rivolto a sud con una serie di piani terrazzati, chiusi sui lati da alte siepi di cipresso e ripartiti da geometriche aiuole bordate di bosso, distribuite lungo il viale centrale. Il progetto riusciva poi a fondere il giardino formale con il paesaggio circostante, grazie ad una serie di viali alberati (cipressi, lecci, fruttiferi) che portavano in aperta campagna. I Tatti per Cecil Pinsent costituirono un formidabile banco di prova, grazie al quale poté diventare il riconosciuto specialista del giardino formale “all’italiana”, lavorando poi a Le Balze a Fiesole e, soprattutto a La Foce in Val d’Orcia, per Iris e Antonio Origo, amici del Berenson, considerata il suo capolavoro. Le creazioni di Pinsent sono oggi considerate i più bei giardini “all’italiana” pur se fatti quattro secoli dopo il Rinascimento.
L'intervista. Dalla morte di Mary Berenson (1945), i giardini dei Tatti rimasero progressivamente trascurati, ma a partire dal passaggio di proprietà alla Harvard University sono iniziati lunghi lavori di restauro e di manutenzione, resi possibili anche dalla generosa donazione di Lila Acheson Wallace (cofondatrice del gruppo Reader’s Digest), durato più di 30 anni e completato nel 2010, con i nuovi edifici per i giardinieri e la nuova serra.
Ci ha accompagnati nel giardino il capo-giardiniere che è una donna: lo diciamo non a caso perché il genere si attaglia bene al compito, fatto di passione, meticolosità e gusto. Nella visita l’abbiamo importunata con continue domande, di cui riportiamo una sintesi.
Come è composta la proprietà?
Oggi la proprietà è suddivisa fra villa e giardino, che coprono circa 3 ettari e mezzo, e la parte agricola molto estesa, con i suoi 35 ettari a olivi, viti e bosco.
Cosa ci fa una svizzera sulle colline di Fiesole?
Sono arrivata qui nel 1993 su iniziativa dell’allora capo-giardiniere, per occuparmi delle serre e della produzione di fiori recisi, oltre che delle decorazioni floreali per la villa, subentrandogli dopo pochi anni a dirigere le attività in giardino.
Quante persone lavorano per mantenere questo Eden (e intanto guardo il profluvio di fiori)?
Sono necessari quattro giardinieri fissi, ma in primavera si aggiunge uno stagionale, in quanto le molte fioriture presenti nel giardino necessitano di assidue cure.
Buona parte del giardino è frutto di un restauro o addirittura di ripristini. Chi se n’è occupato?
Io vengo da una formazione orientata verso la produzione, quindi l’esperienza nella gestione di un giardino storico me la sono fatta qui ai Tatti dove il responsabile per il giardino è un storico, e insieme programmiamo gli interventi. Questo giardino è relativamente recente e fondamentali sono state le foto custodite in fototeca che ci permettono di restituire fedelmente le parti in restauro. Ma resta sempre una parte che va interpretata, soprattutto i volumi degli alberi potati dei boschetti e dei viali, qui subentra la nostra sensibilità per cercare di capire le intenzioni di Pinsent che però ha lasciato pochissimi scritti, per questo ci basiamo soprattutto sui diari dei Berenson e sulla loro corrispondenza.
Ormai sono venti anni che lavori qui, che livello di preparazione hai trovato nei nuovi giardinieri?
La formazione offerta dall’istituto agrario è molto generica, lì non esiste un percorso di specializzazione per giardinieri, tantomeno per quelli che vogliono lavorare in un giardino storico. Negli ultimi anni ho notato che tanti giovani cercano di migliorare la loro professionalità facendo corsi di specializzazione, per lo più privati. La Scuola Agraria di Monza è una realtà molto interessante per giovani professionisti, ma anche l’Associazione per Boboli con il suo corso per giardinieri per giardini storici si è dimostrata un valido indirizzo.
Foto in copertina e nell'articolo da Wikimedia