I parchi della memoria a Washington

Sono molti gli spazi che ricordano gli eventi nazionali più importanti. L'esempio del memoriale dedicato alle guerre di Korea e Vietnam e al presidente Roosvelt
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Su questa rivista, con il progetto dedicato al memoriale al tragico 11 settembre 2001 (leggi QUI), abbiamo già iniziato a parlare di Memorial, tipica espressione americana di “monumento che vuole ricordare una guerra, una sconfitta, un disastro o anche persone da non dimenticare mai”. Ma è soprattutto nella città di Washington che esso trova esempi eclatanti, spesso veri progetti di paesaggio, certamente degni di specifiche visite.

Viali, prospettive e memoria. Nella capitale americana prevale un’estrema piattezza del paesaggio urbano, privo di grattacieli, ricco di viali e di un’anima verde molto amata e frequentata, tanto da essere chiamata “la città degli alberi”. L’impianto urbano si sviluppa con numerosi edifici monumentali secondo lunghe prospettive, come il Mall, asse paesaggistico costituito da un ampio prato, che  porta al Campidoglio, mentre un’altra direttrice va alla Casa Bianca. L’incontro delle due Vistas individua un fuoco prospettico dove domina l’obelisco dedicato a George Washington. Nella porzione orientale, verso il Campidoglio, prevalgono significati e usi culturali e ricreativi, con tutta una serie di musei artistici e scientifici, come la National Gallery of Art, il National Museum of Natural History, il sistema museale dello Smithsonian Institution, mentre in quella occidentale si concentra l’anima epica e patriottica della capitale. Grazie a questa duplice anima, l’assolato Mall si dimostra il parco più popolare e frequentato di Washington, anche rispetto al Rock Creek Park, a Nord vicino a Georgetown, molto più ricco di naturalità, alberato e fresco. Lo sviluppo in senso commemorativo della parte occidentale del Mall, negli ultimi venti anni del ‘900, ha visto il suo completamento con la realizzazione dei 5 Memorials, dedicati alla II Guerra Mondiale, alle guerre di Corea e Vietnam, all’Olocausto e a Franklin Delano Roosvelt. Alcuni di questi rappresentano vere e proprie opere d’arte nel campo della paesaggistica contemporanea, in particolare il Vietnam Veterans Memorial, il Korean War Veterans Memorial e il Franklin Delano Roosvelt Memorial, che si esprimono in forme molto diverse, sospese tra arte dei giardini, scultura neo-figurativa e Land Art.

Vietnam Veterans Memorial. Voluto dal Congresso nel 1980, è stato realizzato grazie a un concorso aperto a tutti i cittadini americani. Su 1421 elaborati esaminati, è stato scelto quello di Maya Lin, allora studente della Yale University. Il progetto è stato inaugurato nel 1982 e realizzato interamente con donazioni e contributi di fondazioni, associazioni di veterani e di cittadini. Questo Memorial ha una struttura semplice, costituita da due muri coincidenti su uno spigolo, formanti in pianta una V molto aperta (125°) e in prospetto due lunghi triangoli, ricoperti da pannelli riflettenti di granito nero. I due muri penetrano progressivamente nel terreno, affondandosi fino a oltre tre metri in corrispondenza del punto di unione. I pannelli di pietra riportano incisi, in ordine cronologico di morte, i nomi di 58.175 caduti dal 1959 al 1990: i più grandi hanno 137 linee di nomi, in un crescendo quantitativo che coinvolge talmente da zittire e creare come un tempo sospeso. Maya Lin ha proposto un approccio empatico con il luogo e con il terreno, dichiarando di volerlo fare emergere e penetrare, anche se ciò può rivelarsi doloroso: “una cicatrice… prendi un coltello e taglia il terreno, e con il tempo l’erba la guarirà”. L’uso “processionale” del Memorial riprende e rafforza le analoghe caratteristiche di tutto il sistema del Mall occidentale: ogni giorno, lunghe file di visitatori scorrono davanti ai muri neri, fermandosi per il caratteristico gesto di ricalcare, sfregando con la matita sopra un foglietto, il nome che non vogliono dimenticare, trasmettendo una tensione emotiva sempre nuova.

Korean War Veterans Memorial. Visto dall’alto, l’opera dedicata alla Guerra di Corea appare come un cerchio intersecato da un grande triangolo, area in cui sedici figure in acciaio non levigato sembrano muoversi a gruppi fra strisce di vegetazione e di granito. Quest’opera, realizzata nel 1995, dopo l’esperienza artistica di pochi anni prima del Vietnam Memorial, rappresenta un chiaro ritorno alla scultura figurativa e a modi di rappresentazione molto diretti, seppure carichi di un forte simbolismo. Le statue alte più di due metri sembrano marciare verso occidente, e offrono un impatto scioccante con le loro sovra-dimensioni e i loro pastrani che fanno intuire avverse condizioni ambientali, mentre le fasce a terra di ginepro strisciante e di pietra indicano rispettivamente le boscaglie e i campi coltivati della Corea. Anche i lineamenti molto vari dei volti indicano le diverse provenienze etniche del milione e mezzo di uomini e donne coinvolti nei quattro anni del conflitto (1950-1953), non solo combattenti ma più in generale tutti quelli che hanno dato il loro apporto: si parla infatti di un Service Monument. I nomi degli uomini di ventidue nazioni sono riportati sul marciapiede che divide il Field of Service dal muro. Questo è in granito grigio scuro e il suo lato rivolto a Nord, sempre in ombra, reca incise immagini di volti e figure: la superficie molto liscia rispecchia i volti di chi sta osservando come anche le retrostanti statue in marcia, che vengono così a sovrapporsi alle immagini incise, chiaro simbolismo delle due Coree e del fatidico 38° parallelo lungo cui si è combattuto. Il vertice costituito dal muro e dal camminamento esterno del Field of Service entra in una grande vasca circolare con acqua immobile, il Pool of Remembrance, dove si specchia la frase che sta alla base di tutto l’opera: “Freedom is not free”. Ancora più esternamente, una doppia rotonda di alberi da ombra costituita da un’unica varietà di frassino, circonda la vasca e ospita sedute dalle linee severe dedicate alla meditazione.

Franklin Delano Roosvelt Memorial. La realizzazione di questo Memorial, su progetto del paesaggista Lawrence Halprin, è della metà degli anni ’90 all’interno del West Potomac Park sulle rive del Tidal Basin. Della multiforme esperienza di Halprin, si può ritrovare il principio costante della partecipazione, che nel Memorial viene individuato in più modi: descrivendo il coinvolgimento del presidente nella vita del suo popolo, fino alla tragedia bellica, il coinvolgimento del visitatore a cui viene richiesto di penetrare nell’ambiente costruito e di reagire fisicamente ed emotivamente con esso, l’inserimento del Memorial nell’ambiente circostante senza snaturarlo, per cui esso riesce a essere giardino nel parco, passeggiata a fianco del Basin Parkway, e luogo di meditazione all’interno del percorso commemorativo del Mall. Si sviluppa per ambienti a tema successivi: stanze all’aperto che ricordano gli ideali e i momenti topici della vita di Roosvelt. Una vivace piazza conclusa da una grande cascata celebra la speranza come vera eredità spirituale del presidente. Nonostante l’articolazione degli ambienti e dei messaggi, Halprin riesce a ricondurre l’uso dei materiali a una semplicità estrema: granito, acqua, bronzo. La pietra, passando dalla prima all’ultima stanza, diventa progressivamente più ruvida, per ricordare i contrasti incontrati sempre più duri e i grandi blocchi di granito giocano con le impercettibili inclinazioni del terreno, realizzato con il medesimo materiale. Halprin, famoso soprattutto per le sue fontane, usa l’acqua come elemento congeniale, accostandola al bronzo, alla pietra lavorata o grezza e ricollegandola in fondo con il maestoso Tidal Basin.