La sharing economy nello sviluppo delle metropoli

Milano e Seul: due città pioniere dello sviluppo dell’economia di condivisione. Tra consapevolezza e socialità, i vantaggi e gli svantaggi
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Le città di tutto il mondo stanno guardando con interesse alla rivoluzione della sharing economy. Questo nuovo modello economico consente un efficiente utilizzo delle risorse e un aumento esponenziale nella concorrenza per i servizi, garantendo forti risparmi per gli utenti. Tra i maggiori, e più conosciuti esempi di questo approccio, troviamo le app per la condivisione di auto e bici, che permettono di muoversi all’interno della città sfruttando una rete di utenti consolidata.

Una società che cambia.
Le pratiche di condivisione possono, dal punto di vista sociale, incoraggiare la creazione di nuovi legami nella costruzione delle comunità. Dal lato economico, invece, si aprono nuove prospettive imprenditoriali che possono contribuire alla formazione di forme di occupazione alternative.
Tuttavia, è interessante soffermarsi anche sull’aspetto etico alla base della condivisione, che pone al centro non solo gli interessi economici, ma abbraccia anche varie attività no-profit. L’orientamento del profitto verso la coesione sociale, l’ambiente e l’economia potrebbe essere il nuovo paradigma dietro le sharing cities, ovvero un traino che favorisce il cambiamento sociale attraverso la responsabilizzazione dei cittadini, le nuove tecnologie e l’educazione civica.
I cambiamenti nelle società avvengono a prescindere dal consenso dei governi, ma è auspicabile che le decisioni politiche siano proattive nei confronti delle nuove tendenze. Un nuovo studio si è concentrato proprio sull’analisi delle politiche di due grandi amministrazioni, Milano e Seoul, intervistando gli attori che si occupano della vita della metropoli come autorità, esperti e professionisti. Nella valutazione sono rientrate delle osservazioni su tre dimensioni strettamente correlate: tecnologia, economia e vita sociale. Questi aspetti sono legati dalla circolarità della condivisione e possono essere quindi le condizioni sulle quali poggiare l’impianto delle sharing cities.

Il caso di Milano.
L’applicazione delle prime pratiche di sharing economy nella città vede la luce nel 2014, grazie all’azione di attori non governativi come organizzazioni della società civile, imprenditori e centri di ricerca. Lo scopo di queste prime sperimentazioni è stato quello di attivare servizi e strumenti condivisi attorno a EXPO 2015. Il Comune, dopo un periodo di osservazione, ha iniziato a supportare i progetti avviando un processo di consultazione. Da questo sono nate delle linee guida per la sharing economy da leggere come una sorta di tabella di marcia. Milano considera l'innovazione come mezzo per la creazione di valore, sociale ed economico. Le iniziative messe in atto comprendono attività di condivisione di spazi, trasporti, tecnologie e creatività.
È stato istituito un panel consultivo fra i dipartimenti del Consiglio comunale, che va ad interessare la mobilità, la cultura, lo sport, la pianificazione e l'occupazione. Nel panorama globale delle sharing cities, Milano si colloca decisamente in un posto di primo piano. Per esempio, tecnologicamente è la città più cablata d'Europa, con Wi-Fi gratuito dotato di oltre 600 punti di accesso. Il settore della mobilità alternativa è in crescita costante e offre anche la condivisione di veicoli elettrici.
Dal lato economico, la città promuove l'imprenditorialità, in particolare per i giovani, e offre un registro di collaborazione abbinato a un sistema di buoni per incentivare la pratica del coworking. Alcuni edifici sottoutilizzati sono stati di conseguenza aperti per fornire spazi di lavoro.
Anche dal punto di vista delle politiche, la città risponde bene alle pratiche di condivisione come il bilancio partecipativo e i vari progetti di strade sociali, che incoraggiano la collaborazione e la condivisione tra i vicini.

L’evoluzione di Seoul.
La rapida industrializzazione di Seoul ha evidenziato alcuni aspetti negativi: inquinamento, rifiuti (9.000 tonnellate al giorno), competizione patologica nel lavoro (alta disoccupazione ed elevato tasso di suicidi correlati).
Il Seoul Metropolitan Government (SMG) ha lanciato il progetto Sharing City nel 2012 per aiutare ad affrontare queste sfide. Oltre a portare benefici economici e ambientali, questo mira a migliorare il benessere attraverso l'interazione sociale. L'SMG ha previsto varie fasi per raggiungere i suoi obiettivi; in particolare, ha creato un'infrastruttura di condivisione, che include una divisione di innovazione sociale dedicata alla sharing economy e alle innovazioni sociali. Questa è supportata da un comitato di promozione che monitora, valuta e consiglia le organizzazioni che decidono di investire nel settore.
Anche a Seoul sono presenti tutti e tre gli elementi necessari per parlare di sharing city. Per esempio, in termini di tecnologia, l’amministrazione interagisce attivamente con i cittadini tramite app come ShareHub, un portale di condivisione delle informazioni online che mira a connettere cittadini, imprese e governo locale.
È stata anche creata una rete di condivisione tra aziende e organizzazioni senza scopo di lucro, con numerosi associati.
Per quanto riguarda la dimensione sociale, è previsto un numero crescente di giardini, biblioteche e programmi di co-housing che promuovono la condivisione intergenerazionale.

Le conclusioni.
Sia Milano che Seoul combinano con successo lo sviluppo economico e tecnologico a infrastrutture con dimensioni umane, fattore fondamentale per una sharing economy orientata al benessere sociale.
Lo studio riconosce però anche notevoli rischi associati alla sharing economy. Gli impatti includono la bassa stabilità dei posti di lavoro e la carenza di alloggi (per via della loro conversione in estemporanei B&B).
I ricercatori osservano però che gli esperimenti di Seoul e Milano non promuovono semplicemente soluzioni di condivisione basate sul profitto, ma sostengono la creazione di un ecosistema in cui lo sviluppo economico e le infrastrutture tecnologiche si combinano con la dimensione sociale; promuovono infatti la partecipazione attiva, con obiettivi di inclusione sociale.
Tali azioni possono consentire alle metropoli di trarre vantaggio dai benefici dell'economia condivisa, limitandone gli effetti negativi.
Aumentare la consapevolezza delle persone verso la propria dimensione sociale potrebbe garantire anche un maggior rispetto per l’ambiente vissuto giornalmente. La creazione di nuovi giardini pubblici e l’aumento del verde di quartiere, quando abbinati alla partecipazione della cittadinanza, rappresentano un importante strumento per sensibilizzare la popolazione anche verso le problematiche e i vantaggi del verde in città, rendendo più facile la comprensione di concetti come quello della sostenibilità e della fornitura di servizi ecosistemici. Un individuo attivo e partecipe della vita della metropoli è un individuo più consapevole verso quello che lo circonda, incluso il verde urbano.

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