Negli oliveti, Xylella è considerata la causa principale del può causare il "complesso del disseccamento rapido dell'olivo" (OQDS o CoDiRO), che provoca la morte dell’intero apparato vegetativo evidenziando disseccamenti fogliari, dei rametti e delle branche seguiti dal collasso finale dell’intera pianta. La malattia, che si diffonde tipicamente dalla tarda primavera all'estate, è trasmessa attraverso l'attività trofica di un particolare insetto: Philaenus spumarius.
Decreti e lotta. Attualmente, più di 6,5 milioni di olivi sono stati infettati dal batterio nell'area salentina. Il controllo in campo della malattia è difficile, dato che il batterio sopravvive e si moltiplica all’interno del tessuto xilematico delle piante. La normativa mira a ridurre la diffusione del batterio attraverso l'eradicazione degli alberi e delle piante infette, con la delimitazione di zone infette e zone cuscinetto.
Le armi utilizzate dalla gestione tecnica degli uliveti sono anche puntate sull’insetto vettore: viene infatti controllato rimuovendo le infestanti a inizio della primavera e applicando trattamenti insetticidi. Queste azioni sono obbligatorie nelle zone sensibili, e sono fortemente raccomandate nelle aree non ancora colpite, dove sono stati offerti incentivi economici per incoraggiare la piantagione di cultivar più resistenti all'infezione da Xylella.
Nonostante l'eradicazione massiccia degli alberi e l'uso di pesticidi, il batterio continua a diffondersi.
L'aspetto ambientale. A essere minacciato da questo batterio è l’intero bosco sempreverde del bacino del Mediterraneo, che, coadiuvato nella sua azione ecologica dall’agroecosistema degli oliveti, offre un contributo fondamentale al sequestro dell’anidride carbonica. Questa azione è particolarmente rilevante nell'Italia meridionale, che sta vivendo una crescente desertificazione con effetti non solo sull’ambiente, ma anche sui mezzi di sussistenza agricoli e sulla stabilità economica dell’area.
Precedenti ricerche condotte in Puglia hanno esplorato strategie di controllo sostenibili per ridurre la diffusione del batterio e i sintomi di OQDS. In alcune coltivazioni sperimentali sono state testate delle strategie di recupero basate su biostimolanti. È stato applicato un fertilizzante a base di zinco, rame e acido citrico sulle chiome degli ulivi, con cadenza mensile dalla primavera all’autunno.
Due dei satelliti europei per l'osservazione della Terra, Copernicus Sentinel-22 e Pléiades, supportano molti servizi di telerilevamento, dal monitoraggio della qualità dell'acqua alla gestione delle emergenze. Utilizzando i dati multirisoluzione dei due satelliti, uno studio italiano ha valutato l'efficacia di questo biofertilizzante sia a scala di campo che di singola pianta.
La ricerca italiana. I ricercatori hanno innanzitutto analizzato le tendenze spettrali della vegetazione dai dati ad alta risoluzione (HR) di Sentinel-2 (raccolti annualmente nei mesi di luglio e agosto), confrontando i valori per gli alberi trattati e non trattati nel corso del tempo ed esplorando qualsiasi evento meteorologico eventualmente correlato (ad esempio un picco di riduzione delle precipitazioni o l’insorgere di ondate di calore anomale). Hanno poi valutato la risposta di diverse cultivar al trattamento su scala di singola pianta utilizzando dati ad altissima risoluzione (VHR) di Pléiades.
I ricercatori hanno confrontato quattro indici rilevati dai dati Sentinel-2 con due rilevati dai dati Pléiades per individuare i cambiamenti indotti dall'azione di ripristino.
Tutti gli indici sono risultati significativamente più alti nei campi trattati rispetto a quelli non trattati. Ad esempio, l'NDVI (indice di differenza normalizzato della vegetazione), utilizzato per quantificare la differenza di densità della vegetazione, è più alto nei campi trattati.
Su scala di campo, l'analisi HR (Sentinel-2) ha mostrato che gli olivi possono ridurre la loro carica batterica dopo due anni di trattamento, tornando produttivi dopo tre anni. I dati VHR (Pléiades) hanno rivelato la risposta di diverse cultivar al biofertilizzante, con la varietà Oliarola Salentina che ha risposto meglio ai trattamenti rispetto alle varietà Leccino e Cellina. Tutti i risultati sono stati affiancati da un’analisi di supporto data dal campionamento del DNA in campo, che ha confermato la presenza del patogeno.
Questi risultati sono decisamente incoraggianti e potrebbero favorire la diffusione dell’utilizzo dei biofertilizzanti, aiutando gli agricoltori a migliorare l’efficacia delle strategie di contrasto a Xylella fastidiosa.
Il vettore di X. fastidiosa: Philaenus spumarius (foto da Wikimedia)
Foto copertina da sito EPPO